venerdì 10 maggio 2024

Alessandro Di Battista : “Scomode verità” Dalla guerra in Ucraina al massacro di Gaza -Ed Paper First – recensione

 




Come il tempo avanza implacabilmente, come uno schiacciasassi, col potere di cancellare o di ridimensionare i personaggi politici ,delineandone la reale statura.

Basta avere pazienza, viene in mente a questo proposito la cinica battuta di Mao, quando diceva di aspettare tranquillo di vedere passare sul fiume i cadaveri dei suoi nemici.

La strabiliante parabola del Movimento 5 stelle aveva portato alla ribalta i suoi fondatori : Beppe Grillo e i due Casaleggio e poi, una affollato drappello di neo- parlamentari, assolutamente sconosciuti.

Poi il tempo ha fatto il suo corso e oggi dei fondatori non si ha pressoché più notizia.

Dei due “enfant prodige” Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, nessuno è diventato leader massimo.

Anzi Di Maio pare essersi perso nei deserti arabi e Di Battista ha volutamente rinunciato alla carriera politica, anche se, data l’età, ha tutto il tempo di ripensarci.

Non ha però affatto rinunciato ad essere presente sui media e in libreria ,sfornando diversi piccoli saggi.

Confesso di averlo un po perso di vista, ma adesso che ho visto, che per il suo ultimo libro, ha scritto la prefazione Piergiorgio Odifreddi e il addirittura mitico Alessandro Barbero ne ha parlato decisamente bene in un video su Youtube insieme all’autore, mi sono affrettato a procurarmi ed a leggere il libro.

Che un personaggio come Di Battista ,che ha avuto il coraggio civile di lasciare un comodo seggio in Parlamento, per andare come cooperatore della Caritas in Guatemala, fosse fortemente motivato a sostenere la causa palestinese certo non mi stupisce.

Mi ha invece colpito positivamente, la sua capacità di cercare di frenare la furia un po sessantottina-Guevarista, che lo anima, per limitare le sue affermazioni solo a quello che riesce ad appoggiare su documenti attendibili.

Ecco, questa, immagino, sia la ragione per la quale due personaggi del peso di Odifreddi e Barbero, che tengono ovviamente molto alla loro reputazione, lo hanno sostenuto con la loro critica positiva.

Questo libro in sostanza cerca di rispondere alla domanda : ma come è possibile che decenni di occupazione dei territori Palestiesi (West Bank, Gerusalemme Est e Gaza) da parte di Israele,ovviamente illegittima secondo le norme internazionali, e di maltrattamenti della popolazione occupata, al limite dell’apartheid ,non siano stati sanzionati dai paesi occidentali con misure adeguate, di fronte alla violazione dei principi etico e umanitari più elementari?

Ed ancora, come mai si lascia che i media, quasi all’unanimità, si permettano di propinarci sistematicamente giudizi viziato da un assolutamente evidente doppio – pesismo.

Se un’invasione la fa Putin ,lo stesso è un tiranno sanguinario, ma se la stessa cosa la fa Netanyahu o altro governante israeliano, lo può fare, perché a suo favore parte una litania di giustificazioni.

Ci siamo talmente assuefatti a queste anomale distorsioni della logica, ancor prima che dell’etica, che non ci rendiamo conto, che questa situazione di quasi sessant’anni, di illegittima occupazione israeliana dei territori palestinesi, è e rimane un fatto che non ha precedenti.

Questi i fatti che nell’analisi di Di Battista vengono riportati nella loro genesi storica ed è oltremodo opportuno prenderne visione, per farsi un giudizio critico, fuori dalle propagande politiche.

Se posso fare una critica di metodo, sarebbe stato opportuno che l’autore si addentrasse più specificamente nella descrizione delle tre zone nelle quali è divisa la West Bank ,zone che determinano il decrescente grado di libertà, del quale godono ,o meglio soffrono ,i palestinesi da sessant’anni.

Perchè, forse, la nostra opinione pubblica non sa che se un Palestinese qualunque , quando ,per dire, deve andare a pagare una bolletta qualunque non va da un impiegato dell’Autorità Palestinese di Ramallha, ma deve andare da un militare israeliano.

Ecco questo piccolo esempio di vita quotidiana, da l’idea della intollerabile condizione nella quale vive il popolo palestinese ,più di cento trattati.

Detto questo, Di Battista arriva, come è inevitabile agli avvenimenti ed alle situazioni dell’oggi nella striscia di Gaza.

C’è un 7 ottobre con la ben nota incursione di Hamas oltre il confine israeliano,con conseguenti orrendi massacri di giovani, stupri e presa di ostaggi.

E’ ovvio che Hamas ha reso il peggiore dei servizi possibili al popolo palestinese, e che questo, quanto prima se ne libererà , meglio sarà per il suo avvenire.

Ma dopo il 7 ottobre,è vienuto l’8 ottobre e giorni e mesi seguenti ,con l’invasione della striscia e l’uso di bombe da quasi una tonnellata di esplosivo, fatte per fare saltare in aria interi condomini ed isolati con un colpo solo.

Siamo in ambiente urbano e per di più sovraffollato.

Non c’è giustificazione al mondo per atti del genere.

Quaranta mila morti ,in gran parte civili e bambini,rimarranno sui libri di storia ad infangare la reputazione di chi li ha causati.

Sono fatti talmente tragici ed enormi nella loro efferatezza che si giudicano da soli.

Se non si tratta di genocidio vero e proprio sulla pulizia etnica sembra difficile discutere.

C’è una strategia che appare evidente e questa è la cacciata dei palestinesi da ogni territorio da loro ancora abitato, non occupato, perché l’occupatore è l’esercito israeliano.

Altro che le penose chiacchiere sui due stati!

E finalmente una qualche reazione all’ingiustificabile comincia ad apparire.

Oltre che a stigmatizzare tutto questo,quello che ritengo estremamente utile nel lavoro di Di Battista è spendere lo spazio dovuto per cercare di evidenziare la pericolosissima mentalità bellicista, che i media ripetono, fino a far passare per ovvie,conclusioni e giudizi che non lo sono affatto.

La guerra in realtà,se analizzata nei suoi precedenti storici, non risolve problemi. ma ne genera altri.

Non ci sono comunque situazioni che non possono essere risolte con il dialogo, la diplomazia ed il cercare di capire le ragioni degli altri.

Difficile giudicare situazioni complesse, è vero, ma è altrettanto vero, che si si va ad analizzare, nelle guerre c’è sempre un solo sicuro vincente e questi è la lobby dei mercanti di armamenti.

Di Battista fa benissimo ad elencare le cinque industrie più grandi del pianeta.

Hanno una nazionalità precisa.

Rispondono a giganti finanziari ben noti, ed anche questi hanno una nazionalità.

Non è geopolitica spicciola questa, è geopolitica elementare.

Elenchiamocele queste cose, nella memoria, e poi domandiamoci quale è l’interesse nazionale e strategico del nostro paese.

Questo ci chiede il libro di Di Battista.

Con chi ci conviene stare oggi che il mondo è fortunatamente plurale?

Cominciamo almeno a pensarci.






martedì 7 maggio 2024

Antony Loewenstein : The Palestine Laboratory. How Israel export the tecnology of occupation around the world - Ed: Verso Book – recensione

 




Iniziare una recensione ponendo una domanda a un potenziale lettore non è usuale, ma siccome ci accingiamo a parlare di un libro che affronta un argomento oggi si direbbe “altamente divisivo”, non mi sembra fuori luogo.

La domanda è questa : ritenete coerente che l’Europa rischi di farsi trascinare nella Terza Guerra Mondiale schierandosi dalla parte dell’Ucraina nei confronti dell’invasore russo,che dopo due anni occupa solamene una piccola parte di quel paese ,mentre non mette in atto niente di concreto per impedire che prosegua l’occupazione di tutto il territorio Palestinese da parte di Israele, che dura da quasi 60 anni ?

Se trovate che porsi quella domanda sia ragionevole, allora il libro sopra elencato fa per voi.

Troverete una serie notizie ben documentate, che aiutano a sviluppare un ragionamento non certo peregrino.

Spiace doverlo ripetere, ma, se coloro che lavorano per i nostri media proteggessero la loro professionalità con uno studio un po più profondo delle materie che trattano, farebbero certamente meglio il loro lavoro, offrendo al pubblico elementi di analisi più solidi.

Tanto per fare un esempio,proprio in questi giorni, gran parte dei media medesimi invita il presidente statunitense ad esercitare tutto il suo potere per bloccare l’invio di armi ad Israele, inducendo il lettore a mettere nello stesso piano il peso dell’invio di armi a Kiev con quello a Tel Aviv.

Ecco, basterebbe informarsi solo un pochettino consultando le analisi di geopolitica, ma ancor meglio quelle degli analisti militari, per venire a conoscenza del fatto che Israele è uno dei più grandi fornitori di alta tecnologia militare del mondo e che quindi le possibilità di “ricatto” in mano a Biden nei confronti del governo israeliano non sembrano certo un gran che.

Fanno sicuramente comodo gli aiuti americani ad Israele, ma non sono certo una garanzia di sicurezza “sine qua non”, come nel caso dell’Ucraina, enormemente più debole sul piano militare e, che, non dimentichiamolo , si è da tempo dotata dell’ombrello sicuritario più potente che esista, essendo l’unica potenza atomica del Medio Oriente.

Sarebbe oltremodo utile partecipare alle svariate esposizioni- mercato di armamenti, che si tengono regolarmente in giro per il mondo per capire tutto quello che c’è da capire.

Se il lettore vuole documentarsi proprio su questa materia, allora ha trovato il libro giusto.

Israele ha da anni sviluppato conoscenze e capacità di elaborazione e di vendita dei più sofisticati sistemi di intercettazione delle comunicazioni che esistono.

Oggi la conoscenza è potere più del possesso dei carri armati.

Puoi farti una corazza spessa e quasi impenetrabile quanto vuoi,ma se io posseggo i più moderni strumenti di intercettazione delle comunicazioni, che mi avvisano della tua posizione, io sono in grado di farti saltare in aria.

Oggi funzionano così le cose.

Il lato più conturbante della cosa è che questo libro sostiene la tesi, ovviamente portando documentazione in appoggio, che Israele si sarebbe tenuto per così lungo tempo quello che comunque non può che essere indicato che come “il peso dell’occupazione” della West Bank, Gerusalemme Est e Gaza,anche perché avrebbe usato questi territori, come terreno di sperimentazione proprio dei sistemi di controllo delle popolazioni, che le sue industrie hanno sviluppato nel corso degli anni.

Industrie inizialmente a controllo statale, ma oggi ampiamente privatizzate.

Il libro elenca queste ditte,ne fa la storia e chi vuole può andare alle fiere degli armamenti, come abbiamo sopra accennato, per farsi dare indicazioni, dimostrazioni e prezzi.

Per informazione dei potenziali lettori aggiungo che ho elencato il libro nell’originale inglese, ma che il medesimo è disponibile anche in una edizione in italiano, pubblicata da Fazi Editore.






domenica 28 aprile 2024

Francesco Tormen : Con gli occhi aperti. Il sogno lucido fra neuroscienze ed esperienze contemplative Ed. Il Saggiatore – recensione

 



Questo è un libro piuttosto impegnativo, sia per l’argomento, che per la mole di circa 550 pagine, ma questo non significa che non sia altamente interessante.

Personalmente, sono fra quelli che ,senza aver mai fatto esercizi di contemplazione, come quelle suggeriti dall’autore, mi sono accorto di fare ,probabilmente da sempre, di tanto in tanto sogni lucidi.

Si tratta ,cioè, di quel tipo di sogni che si tende a ricordare ,almeno al risveglio, ma sopratutto, diciamo così, in corso d’opera, si avverte abbastanza chiaramente di stare sognando e quindi di essere consapevoli mentre si sta sognando.

Tutto il libro è sostanzialmente basato sulla descrizione delle principali tipologie di sogni e sulla esortazione dell’autore a esercitarsi in questa ,per altro diffusa facoltà, per avventurarsi in mondi ancora poco conosciuto, ma estremamente affascinanti.

Va detto che l’autore, pur possedendo una preparazione a livello accademico, delle spiritualità e filosofie orientali ,che più hanno studiato il fenomeno dei sogni ,come quelle buddiste, e in particolari del buddismo tibetano, filosofie iraniche e lo sciamanesimo dei popoli indigeni, e la teosofia ,ha una non trascurabile competenza nel campo delle neuroscienze.

Purtroppo, però, in questo ultimo campo non ci si è applicati molto a questi fenomeni e di conseguenza le acquisizioni scientifiche in materia sono più che modeste.

Non per mancanza di interesse ,sottolinea l’autore, che tra l’altro non trascura di elencare gli studi più significativi effettuali in questo campo, ma perché è obiettivamente difficile riprodurre con dei volontari in laboratorio, le condizioni che favoriscano o almeno consentano di registrare le esperienze oniriche.

Notevoli dati, ad esempio, si possono ricavare dalla risonanza magnetica, ma ,ci dice l’autore ,stare immobili nel tunnel di quell’apparecchiatura ,che per di più fa baccano, non è proprio l’ideale per dormire e sognare e costa in modo esagerato.

Tenuto conto di questi dati di fatto,ho molto apprezzato il fatto ,che l’autore riportando la montagna di dati da lui raccolti dalla sua ricerca ed elencando i pochi studi e le invece molteplici teorie delle spiritualità e filosofie sopra menzionate, usa praticamente sempre il verbo al condizionale.

Questo è un indice di grande onestà e rigore intellettuale, ma non significa affatto, che ci racconti delle favolette o delle semplici supposizioni.

Come ho sopra accennato ,il fatto di sperimentare ,ogni tanto, dei sogni lucidi, mi ha portato più volte a chiedermi ,come mai questo argomento è così poco affrontato.

Capisco le difficoltà oggettive, ma non si può non essere spinti alla ricerca ,dalla constatazione delle enormi facoltà e potenzialità ,che riscontriamo nella nostra mente, quando ci fornisce in abbondanza filmati più realistici e sorprendenti di quelli che potrebbe produrre un set hollywoodiano.

Invito a leggere questo libro chi abbia sperimentato sogni lucidi, o almeno abbia riportato nel data base della sua memoria, anche solo qualche sogno occasionale, perché avrà la sorpresa di ritrovare nella accurata tipologia, elencata dall’autore, sicuramente la gran parte dei sogni periodici che siamo portati a fare.

E’ proprio facendo questa constatazione che il lettore si dice : ah, ma allora in questo libro non ci vengono raccontate delle storielle, questo autore, sa bene di cosa sta parlando.

Il libro poi può essere preso e utilizzato in diversi modi ,a seconda degli interessi del lettore.

Forse chi ha già una qualche esperienza nel campo della meditazione sarà portato a studiarsi le tecniche pratiche ampiamente riportate nel libro.

Chi invece, come me, ha interessi maggiori sulla speculazione relativa alle spiritualità e filosofie citate nel libro, troverà l’occasione per approfondire questi campi.

Avverto che se si ha interesse per queste cose questo libro dà l’occasione per volare alto. Molto alto.

Come quando, partendo dal presupposto che probabilmente non esiste una realtà obiettiva, ma solo rappresentazioni ,che si formano nella nostra mente ,come suggerisce la spiritualità buddista, ma non solo, allora si è portati a ritenere verosimile che lo stato di veglia e lo stato di sogno riportano ambedue a una consapevolezza non più materiale.

Nei termini della filosofia classica è l’anima che tende e si unisce all’infinito e nelle spiritualità e filosofie orientali è l’io impara a superarsi per raggiungere con l’illuminazione l’atman, superamento dell’io nella realtà ultima da cercare come diceva Agostino “in interiore homini”.

Se si studiano le varie spiritualità e filosofie si ritrovano incredibili assonanze, come ha documentato ad esempio il teologo-filosofo Vito Mancuso in “i quattro Maestri” Socrate ,Buddha, Confucio e Gesù.

E se fosse questa l’interpretazione della realtà effettiva?

E se infine ci ricordassimo che il mondo onirico è abitato indifferentemente dai viventi, come dai trapassati, allora ci ritroveremo in una visione cosmologica veramente da far tremare le vene e i polsi.

Cioè se il mondo che definiamo come fisico fosse inconsistente mentre quello che definiamo come realtà onirica fosse l’unica reale, come sembrano fare intravedere anche le filosofie orientali?

Bella domanda.


martedì 23 aprile 2024

Francesco Costa : Frontiera. Perchè sarà un nuovo secolo americano Ed: Mondadori – recensione






Francesco Costa è un giornalista, youtuber, eccetera ,conosciuto sopratutto come esperto di America e quindi in apparenza ovvio che scriva un libro sul futuro dell’America, scommettendo non solo sulla sua sopravvivenza, anche nella sua permanenza come stato guida.

L’operazione sarebbe stata di tutto riposo qualche anno fa, ma non più oggi.

Per due ragioni connesse :

-la prima è che nel frattempo è sorta e si è affermata, anche in campo mediatico ,la nuova disciplina della geopolitica ,proprio per analizzare le strategie a lungo termine degli stati e delle grandi potenze ,chiamate col loro nome cioè di imperi, e le relative traiettorie.

-la seconda è che proprio questi analisti di geopolitica ,che comincino ad affacciarsi alla ribalta dei media e dei social , non danno affatto per scontato che l’America riesca a sopravvivere alle serie crisi interne che ne minano la solidità, se non addirittura l’unità.

Di conseguenza il libro di Costa è un po un azzardo se lo ha concepito come un saggio di geopolitica, materia che chiaramente non è la sua specialità.

Questo è invece un ottimo libro, se rimane nei confini del saggio giornalistico, non meno necessario ed anche probabilmente molto più appetibile, se mi si consente il termine.

Inviterei quindi il lettore senz’altro a spendere il tempo necessario per leggerlo questo libro, perché vi troverà un gran numero di cose interessanti che quasi sicuramente ignorava.

Forse questo è il principale punto di forza di Costa, la capacità di scuotere le nostre pigrizie e nostre mal-riposte sicurezza a proposito dell’America.

Mi piace il fatto che l’autore lo dica esplicitamente: se avete fatto un viaggio più o meno organizzato in America e pensate con quello di poter dire di conoscere l’America, non avete capito niente, perché l’America non è fatta dalle solite leggende metropolitane, è qualcosa di estremamente complesso e contraddittorio.

Per capirci qualcosa, occorre viverci e ancora meglio, studiarsela per bene.

In altre parole bisogna fare i compiti a casa, e Costa li ha fatti.

Ricordo di avere criticato i precedenti libri dell’autore, perché non li aveva corredati se non di note,almeno di una accettabile bibliografia.

Deve avermi sentito, perché questo libro possiede un serio corredo di riferimenti documentali, come è giusto che sia.

Prendiamo Costa per le migliori capacità che ha.

Ottimo giornalista e ottimo inviato, uno che col microfono o con una Action Camera, che hanno da tempo sostituito il vecchio classico taccuino del cronista, va a mettere il naso dappertutto, per sentire la voce della gente.

E’ questo che come lettori vogliamo sapere ,cosa pensano gli americani per capire chi sono.

Non basta condividere miti consumistici e culturali per credere di saper tutto di loro.

Perchè abbiamo storie diverse, molto diverse.

Una per tutte, per quanto elementari : la quasi totalità delle generazioni dei nostri padri sono state fatte o di fascisti o di socialisti.

Ebbene, queste sono due categorie di persone in America praticamente non esistono e non sono mai esistite.

Siamo diversi sopratutto su quello che fa l’America, quello che ritiene di essere, cioè la nazione che avrebbe la missione messianica di diffondere il loro modo di intendere libertà e democrazia, convertendo il mondo al loro credo, ritenuto il più elevato di tutti.

E questa è forse la ragione per la quale ora gli americani sono in crisi : perché sono sconcertati se non sconvolti, dal dover constatare che la maggior parte del mondo non è affatto interessato a diventare americano, anzi si sente minacciato dai tentativi di farlo diventare tale.

Si dice pare a ragione che l’americano medio, profondamente insulare come’è ,sentendosi circondato e difeso da ben due oceani, non sappia nemmeno l’essenziale sul resto del mondo e quindi non si rende conto che l’altro credo fondante su cui poggia la cultura americana, quello del liberismo esasperato, figlio di una priorità assoluta, data al “valore” legato ai diritti dell’individuo, non è il fondamento del mondo.

E che anzi, la maggior parte del resto del mondo, fonda tutto il suo sistema valoriale sull’altro polo ideologico ,che si chiama “comunità”, o bene comune, ai quali il valore dell’individuo risulta quindi subordinato.

Non parliamo poi del peso dei trascorsi razzisti e del primatismo bianco, ancora tanto presenti nella società americana, da aver generato come reazione uguale e contraria, la vocazione alla auto-fustigazione, continua che porta agli eccessi della “culture cancel” del woke eccetera, che affliggono i liberal e i democratici americani.

Costa è ben conscio di questi mali che affliggono l’America in una misura ormai preoccupante.

Mo ritiene di concludere dicendo che nessuno è capace di manovrare il capitalismo in modo tanto funzionale come gli americani e che questo lo porta a ritenere che l’America rimarrà l’America ancora per un bel pezzo perché non si vedono all’orizzonte competitori all’altezza.

Ecco forse questo entusiasmo, poco condiviso dagli analisti di geopolitica è rispettabile e verosimile, ma potrebbe essere smentito dai fatti.

Ma il forte di Costa è il giornalismo da cronista curioso.

Andate a cercare nel libro notizie curiose, se si vuole ,ma non secondarie, sul rapporto fra gli americani e le scarpe nonché sul loro modo di vestire, vi divertirete parecchio.

O sul come spiegarsi l’uso rispettato in modo ferreo di lasciare la mancia e in misura che tutti conoscono e alla quale si adeguano, pur senza che alcuna norma lo abbia mai previsto.

Eccetera eccetera.








 

giovedì 28 marzo 2024

Federico Rampini : Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori Ed. Mondadori – recensione

 


Non so come ma quando era uscito questo libro di Federico Rampini nel 2022 mi era sfuggito, peccato, perché oggi che l’ho letto rimediando al ritardo l’ho trovato veramente fondamentale per capire la deriva integralista dei democratici americani.

E’ singolare ma questo fenomeno che condiziona in modo pesante la strategia degli Usa e che impatta quindi in modo altrettanto pesante sulla nostra politica è conosciuto molto poco da noi, forse perché le nostre forze politiche di orientamento progressista semplicemente sono vittime della medesima deriva ideologica che proviene da oltre oceano.

Stranamente, sull’argomento mi aveva suonato la sveglia il libro di Francesco Costa sulla California e poi i suoi interventi successivi su tutti i canali che usa con molta abilità.

Forse proprio l’abilità e la freschezza del modo di comunicare di Costa mi avevano fatto considerare Rampini, validissimo inviato, ma di un altra generazione, come un matusa.

Errore pacchiano, perché leggendo il libro di Rampini ho dovuto constatare che tratta la materia a un livello di approfondimento sensibilmente superiore, cosa che emerge fra l’altro nella citazione dei testi da consultare per approfondire, che comunque rappresentano il punto di appoggio della sua esposizione.

Ma veniamo al dunque, Rampini argomenta questo, che la decadenza dell’America come potenza egemone dell’Occidente che si ergeva a poliziotto del mondo, è ormai un fatto vistoso.

Preso atto di questa realtà ormai incontrovertibile, è fondamentale cercare di capire quali ne siano le cause.

Rampini individua il tarlo che rischia di frantumare la potenza americana, rimasta quasi intatta dalla fine della seconda guerra mondiale, proprio nella deriva radicale dell’ideologia progressista, praticata negli Usa, tutta tesa, come dice il titolo, non a difendere i nostri valori, ma a “processare la nostra storia ed a cancellare i nostri valori”.

Non abbiamo più valori da difendere, ma abbiamo solo da espiare i nostri errori passati. Ecco allora che su questo nuovo dogma, hanno fondato la teoria “no border” che impone non solo il dovere di prendere tutti gli immigrati, ma di sdebitarci con loro dei nostri crimini passati assumendo noi i loro valori, che sarebbero più sani dei nostri, tanto per cominciare dando subito anche ai migranti che formalmente sono entrati illegalmente i benefici del welfare e non ultimo il diritto di voto, e quello di usare la propria lingua, tanto che di fatto si sono obbligati i call center pubblici ad essere bilingui inglese e spagnolo.

Le minoranze etniche e sessuali diventano di conseguenza il punto di riferimento obbligato.

Questa ideologia unita ad una interpretazione pure radicale dell’ambientalismo tesa a demonizzare il progresso economico ed a prevedere una imminente apocalisse.

Se andiamo a vedere l’ispirazione viene dalla poco brillante filosofia ,detta “del buon selvaggio”, di Jean Jacques Rousseau e quindi non è affatto originale.

Interessante la capacità di Rampini di farci capire come questa radicalizzazione ideologica sia cavalcata alla grande dagli ultra- milardari dell’High tech, che la usano cinicamente ,non perché ci credano, ma perché serve loro per oscurare il problema vero che è quello delle diseguaglianze , della crisi sociale e dell’impoverimento del ceto medio.

Qui da noi sono state prese come manifestazione quasi folkloristiche di frange giovanili stravaganti le vere e proprie ricadute nell’oscurantismo medioevale dei giovani americani che spingono per abbattere le statue, anche di coloro che, prima, erano venerati padri della patria ,come lo stesso Lincoln, perché a suo tempo erano incorsi in atti di razzismo, ignorando ogni senso critico o di contestualizzazione storica.

Non parliamo del povero Cristoforo Colombo, ormai completamente demonizzato come portatore di ogni nefandezza a causa del fatto che la “Critical race Teory” è diventata dogma.

Ma se si fossero fermati qui, i seguaci delle teorie “Woke culture ” o della “cancel culture”, andrebbe ancora bene, e invece sono andati ben oltre ogni decenza, additando al pubblico ludibrio anche Platone Aristotele e tutta la famiglia filosofica sulla quale è fondata la nostra civiltà, perché avrebbero la colpa inespiabile di avere tollerato la schiavitù e un ruolo subalterno del genere femminile.

E proprio qui è la giustificazione del termine deriva, per il fatto che quelle evidenti scemenze, sono prese molto sul serio e messe in pratica nelle ,un tempo prestigiose, università americane, al punto che se un docente osasse citare uno dei reprobi sopra indicati, rischierebbe il posto.

Immagino che ai tempi della Santa Inquisizione ci fosse più tolleranza!

Ma l‘elenco delle follie di questo tipo ha veramente dell’incredibile come quando l’autore cita l’episodio di un distretto scolastico americano,ovviamente gestito da famiglie che aderiscono a questo pensiero unico ,definito non a caso dal medesimo Rampini, progressismo illiberale, dopo avere constatato che gli alunni appartenenti alle etnie di colore proprio non riuscivano a raggiungere punteggi nemmeno lontanamente sufficienti in matematica, non hanno deliberato qualcosa di simile ai nostri “corsi di sostegno” ,ma hanno abolito ogni strumento di rilevamento della preparazione.

Prossimamente forse aboliranno la matematica per essere più completamente politically correct.

Non parliamo poi della imposizione delle più assurde invenzioni lessicali ,per non rischiare di offendere le solite minoranze.

Questa America vittimista ,colpevolista , assolutamente acritica , sta distruggendo sé stessa promuovendo l’ignoranza e la dittatura delle minoranze.

Per difendere e risarcire le minoranze etniche e sessuali si sono inventato anche lo slogan del “Defund the police”, preso e applicato molto sul serio con risultati catastrofici finiti nell’impennarsi macroscopico dei reati.

Non ostante queste palesi follie il capitalismo continua a funzionare meglio in America che altrove, sembra dire Rampini, fino a quando però i giovani delle classi di età “formate” da un “sistema educativo” bacato come quello attuale, non saranno costrette a diventare la futura classe dirigente.

Libro di ottimo livello.